Il Maestro e il Karate.

 

La differenza tra essere maestro o meno sta solo in un attestato federativo?

 

Mi accingo a esprimere una mia personale opinione che non vuole screditare chi fa percorsi diversi da quello che narrerò, ma che porta una visione abbastanza distinta, o forse da molti pensata e non palesata.

 

Ho conosciuto dei maestri solo sulla (di) carta, non pochissimi, che più che il prefisso “pseudo” meriterebbero l’aggettivo molto chiaro di farabutto. Persone che in ciò che proponevano in veste di maestri, badavano esclusivamente a un opportunismo bieco e volgare, persone che poche volte sono state screditate da chi avrebbe dovuto farlo, e mi riferisco in maniera altrettanto chiara alle federazioni, un obbligo morale da parte loro, in tal senso, troppo spesso disatteso.

 

Ho conosciuto maestri che nei loro allievi ci mettevano la speranza di ciò che non furono loro, soprattutto nell’ambito delle gare. Se loro valgono, io di conseguenza. Una formula forse legittima che tuttavia aggiunge poco, soprattutto in una realtà edonistica come la nostra, non c’è scarto, non c’è la differenza.

 

Mi è molto piaciuto un libro leggero nelle parole, ma profondo negli intenti quale: “La farfalla nel pugno” di Max Ventura. Testo che senza velleità spiega cosa sia il karate e quali le sostanziali differenze, senza ambiguità e senza la presunzione di stili, parla di karate, punto. Ai miei allievi, cinture marroni, chiedo che agli esami di nera debbano conoscere quanto riportato, insieme alle specifiche di stile, perché si crei una coscienza fondata, ma aperta.

Fare Karate deve sposare un altro verbo: Essere Karate.

 

Nel suo lavoro Max Ventura esprime un pensiero coerente: un karateka che abbia almeno il terzo dan è un maestro, una persona in grado di insegnare, perché l’esperienza pluridecennale gliene da facoltà, prima ancora del diploma. Onestamente, ci insegna di più un corso sul generis o la condivisione di un percorso con persone che sono karate per il vissuto a esso legato?

Non sminuisco i corsi, men che meno i loro docenti, ma spesso questi si dovrebbero sovrapporre a un percorso complesso preesistente, non possono essere il viatico per blasoni di carta. L’incrocio con persone arricchenti e capaci non è meno importante.

 

Ricordo con piacere anche un altro libro che consiglio ai miei allievi, Il grande libro del Wado Ryu del Maestro Mario Morelli. Nella sua introduzione affermava che la sua opera cercava di colmare un vuoto tecnico per esercizi di questo stile. Affermava di non essere un maestro blasonato da cariche e diplomi, quindi non aveva nulla da perdere nel portare avanti questa impresa e semmai vi fossero state delle imprecisioni, lui ne era il responsabile aprendosi al confronto. Quel libro io lo comprai nel 1991, e ancora oggi quando ho dei dubbi lo riapro. Così scorre un parallelo con la musica, quando mio figlio più giovane commenta la musica che ascolto: “musica vecchia! Io correggo l’affermazione: “non c’è musica vecchia o musica nuova, ma musica buona o non buona”. La discrimine sta nel tempo, ciò che ha valore dura, ciò che non lo ha passa. Morelli anteponendo la modestia diede voce ad un progetto che a distanza di anni è ancora strumento utile di crescita, uno strumento utile a tutti.

 

Nel riportare questi due brevi esempi posso dire di avere avuto la grande fortuna di conoscere Maestri di siffatto spessore. Persone che forse non avevano i plausi della federazione o i blasoni delle medaglie dei propri allievi, ma avevano modestia (sapevano di sapere senza sottolineature) e determinazione di essere anche fuori dal coro pur di esprimere il proprio Karate. Un atto di generosità e di coraggio costante che dal centro si propaga.

 

Un essere Karate che s’intravede anche nei contorni della vita, nei silenzi e nei pudori più che nei plausi e nelle esaltazioni. Sarà l’anima friulana, ma il maestro parla anche in silenzio, quello che chiamiamo spirto lo precede, il resto è altro.

 

Quando un allievo- al di la dell’età- realizza l’importanza di cercare e scegliere un maestro, in quel punto la strada gli si apre davanti perché in mano ha la bussola. Per contro, quando un Maestro sente di essere bussola può dire di essere Karate.